mercoledì 7 novembre 2012

Assassin's Creed III e la verticalizzazione

Il mio parere ufficiale su Assassin's Creed III lo potete trovare qui, e non ho granchè da aggiungere a tale analisi dal punto di vista critico. C'è tuttavia un elemento del gamplay, appena accennato nella recensione, che vorrei approfondire. Da sempre, la serie di Assassin's Creed si è identitifcata, anche visivamente, con l'atto della scalata. Chiunque segua da vicino il mondo dell'intrattenimento digitale ricorda molto bene le prime sequenze di gameplay rilasciate nell'ormai lontano 2005, la grazia con cui il primo protagonista Altair scalava i minareti di Acri, Damasco e Gerusalemme.
Non solo, da Assassin's Creed II in poi la saga ha proposto missioni secondarie dedicate interamente alla corsa acrobatica (ancora oggi memorabili), facendone in misura ancora maggiore un tratto distintivo della saga.
In Assassin's Creed III, curiosamente, la scalata è passata in secondo piano, e non solo, è diventata più semplice. Boston e New York, le due città che fanno da sfondo alla maggior parte delle missioni principali, non sono più dei parkour park, come lo sono state Venezia, Firenze e Roma nei capitoli precedenti. La loro natura coloniale prevede strutture perlopiù basse, e la dominazione inglese vi aggiunge un'incredibile quantità di guardie per strada e sui tetti. Coerente dal punto di vista storico, su questo non v'è dubbio, ma il risultato in termini di gameplay è una predominanza del gameplay a terra, in netta controtendenza con una delle colonne portanti della saga finora.

Sequenze come questa sono sin troppo frequenti in Assassin's Creed III

Quando ci si sposta verso la Frontiera, ossia un vasto meta-livello boscoso dove si ambientano la maggior parte delle attività secondarie proposte dal gioco, la situazione cambia. L'assenza di barriere architettoniche è stata compensata con l'aggiunta della possibilità di scalare elementi naturali, come alberi e pareti di roccia. Soprattutto i primi sono interessanti da scalare, dato che gli sviluppatori hanno creato dei veri e propri "percorsi" multipli che si intersecano, permettendo al giocatore abile di passare da un ramo all'altro, attraversando intere aree senza mai toccare terra.
Se questo potrebbe compensare la mancanza di parkour nelle aree urbane (ma solo in parte, dato che le missioni principali si svolgono quasi tutte nelle città), bisogna tenere in conto anche il processo di netta semplificazione che ha riguardato le meccaniche di arrampicata e corsa acrobatica. Per metterle in atto, in Assassin's Creed III è sufficiente mantenere la pressione del tasto dorsale dedicato alla corsa e dirigere il personaggio con lo sguardo. Quest'ultimo seguirà automaticamente il percorso stabilito, senza bisogno di altre sollecitazioni da parte del giocatore. A parte la confusione e gli errori involontari che questo sistema può a tratti creare, soprattutto nel caso di percorsi multipli ravvicinati, si tratta di un forte passo indietro nel livello di sfida offerto dal gioco. Laddove prepararsi alla scalata di un punto difficile da raggiungere rappresentava nei precedenti capitoli un momento importante dell'offerta ludica, oggi tutto questo passa in secondo piano, lasciando il passo ad un'azione molto più diretta, e, diciamocelo, banale.
Personalmente, ho sofferto molto questo radicale cambiamento nella formula di gameplay. Ha messo in secondo piano una delle cose a me più care di tutta la saga, quel meraviglioso senso di libertà, di tensione verso il prossimo appiglio, che per me ne costituiva l'aspetto migliore, e il tratto distintivo.

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