venerdì 25 gennaio 2013

Flight - Recensione


Flight ha il coraggio di metterti davanti, per due ore e passa, un protagonista che molto probabilmente non ti piacerà, principalmente perché si tratta di un essere umano, e al cinema non se ne vedono molti.
Ecco, il bello di Flight è che è proprio un film sugli uomini, sulla loro natura intrinsecamente sporca e falsa, sulla loro capacità di trasformare una tragedia (per inciso, il mega incidente aereo che avete già visto e rivisto nel trailer, e che, per secondo inciso, è anche l’unico momento splendidamente dinamico della pellicola) in un gioco di interessi.
Quando cade un aereo, deraglia un treno, crolla un palazzo, affonda una nave, qualcuno fa un sacco di soldi, qualcun altro ne perde altrettanti, e gli interessi in ballo sono grossi. La tragedia diventa un “evento”, una cosa di cui parlare (l’abbiamo visto di recente, no?), su cui lucrare, di cui qualcuno deve necessariamente pagare lo scotto. Zemeckis, qui alle prese con la prima pellicola con protagonisti in carne ed ossa dopo anni di animazione, lascia tuttavia la faccenda mediatica elegantemente sullo sfondo, e ci racconta il tutto con un punto di vista molto intimo, quello del presunto eroe. Il pilota Whip Whitaker, che, con una manovra incredibile, salva un centinaio di vite messe in pericolo da un malfunzionamento di un aereo di linea. Con una breve introduzione (pre-flight entertainment) e con lunghe succesive riflessioni, noi però vediamo un’altra storia, e siamo portati a farci delle domande. 
Cos’è più importante, che tu abbia salvato 96 anime con una straordinaria manovra, oppure che tu abbia preso i comandi di un aereo di linea dopo una notte in bianco a base di alcool e coca? Hai avuto fortuna, hai avuto sfiga, sei un eroe, sei un mostro, un pilota eccezionale o uno pessimo? 
Tutta questa parte, quella delle domande che il film si fa e ti fa, l’ho goduta davvero tanto. Funziona, è intensissima grazie soprattutto a Denzel Washington, tanto gigantesco sullo schermo che John Goodman a schiacciarlo non ce la fa, sebbene ci provi intensamente. Peccato però che nella seconda metà Zemeckis metta l’autopilota, e faccia l’errore più grosso che si poteva fare in una pellicola partita con questi presupposti, ossia la morale. Si chiude con le domande spinose, con le risposte intelligenti e con l’indagine sulla figura dell’eroe, e si passa dritti dritta alla pseudoredenzione, mentre una voce da qualche parte tra la nuca e la base del collo ti sussurra “lo sapevo, era troppo bello per essere vero”.


John "gigante" Goodman, l'uomo che farebbe sniffare Kryptonite anche a Superman

Flight fa le domande giuste e poi si dà le risposte più banali e scontate di questo mondo. Flight poteva essere un film eccezionale e coraggioso, e finisce per puzzare di Castaway. Ci sono rimasto sinceramente male, ma poco importa. Perché dove il film si ferma, e comincia a scendere in picchiata, lo spettatore può continuare da solo con le proprie riflessioni. Ciò che vale di Flight rimane tutto nel primo terzo, sia cinematograficamente (con l’eccezione dell’ultimo, straordinario “intervento” del gigante Goodman), sia dal punto di vista narrativo, ma l’interrogativo è già stato posto, i neuroni stimolati, la riflessione avviata.
Ognuno tragga le proprie conclusioni, al di là dello stucchevolissimo finale. Nel caso non si fosse capito, la visione in ogni caso la consiglio, magari non immediatamente e non necessariamente al cinema: quei primi 45 minuti, tra la straordinaria messa in scena dell’incidente e gli interessanti interrogativi posti allo spettatore, valgono abbastanza da coprire la successiva delusione. 

PS, per tutti i geek del volo civile: ho casualmente trovato questo articolo, in cui un pilota demolisce la credibilità della scena dell'incidente sotto vari profili, da quello più scontato della cattiva luce in cui l'intero settore dell'aviazione viene messo dalla pellicola, a svariati dettagli tecnici, purtroppo non ben approfonditi.

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