giovedì 7 ottobre 2010

Inception - Recensione

C’era tanta attesa dalle mie parti per Inception. Quel trailer di oltre sei mesi fa mi aveva inchiodato alla sedia, pizzicando le corde giuste per innaffiare a sufficienza il seme della curiosità. Solo a posteriori mi rendo conto di quanto effettivamente quei trenta secondi di promo fossero montati ad arte, senza eccessivi spoiler, eppure mostrando quel tanto che bastava per incuriosire.
Mi piace definire il nuovo lavoro di Nolan come il primo “action movie d’autore” della storia. Perchè pur non sottraendosi alle dinamiche ed ai temi del popcorn, Inception racconta la sua storia alla perfezione, senza sbavature, sistemando i pezzi sulla scacchiera per poi sferrare lo scacco matto, senza però spiegare a fondo tutte le mosse, lasciando che sia lo spettatore a porgersi le giuste domande ed a trovare da solo le risposte. Grazie ad una sceneggiatura che pesca abbondantemente da Matrix, dalle pagine di Borges e di Philip Dick, Nolan racconta una storia originale non tanto nelle premesse quanto nello svolgimento, che basa tutta la sua complicata essenza, è il caso di dirlo, su una semplice idea. D’altra parte, per quanto stilisticamente curatissimo, l’immaginario onirico in cui Nolan ci accompagna per quasi tutta la durata della pellicola è estremamente freddo e razionale: i sogni creati ad arte per raggiungere gli scopi “non strettamente legali” della squadra sono sterili ed asettici, popolati da un subconscio estremamente e spontaneamente ostile nei confronti delle intrusioni. Sono anche disperatamente razionali, sia nelle strette regole che li governano sia nei paradossi che vi albergano, tanto da non sembrare più sogni, tanto da avvicinarsi più che altro al concetto di allucinazione colletiva. Freddi sono anche i membri della squadra, mossi da interessi perlopiù economici, con l’unica eccezione del protagonista, il quale peraltro non ha mai considerato di guadagnarsi da vivere con qualcosa di differente dal furto. Che piaccia o no, questa è la visione di Nolan, e va ammesso che la razionalità con cui viene proposta la rende autosufficiente ed in grado di reggersi in piedi, di sospendere l’incredulità dello spettatore per tutta la durata dell’incantesimo scenico. Apprezzabilissimo l’approccio: nonostante la natura non facile dell’intreccio, Nolan getta lo spettatore nel mezzo nella mischia senza concedere lunghe spiegazioni, suscitando così un’attenzione che viene ripagata offrendo tutti gli strumenti di comprensione necessari con il giusto ritmo, lasciando irrisolte sufficienti questioni da spronare alla riflessione, all’indagare sull’intreccio anche dopo i titoli di coda. La vera magia di Inception risiede comunque nel suo montaggio, raffinato, calcolato al millimetro, limpido pur nella contemporanea sovrapposizione di quattro momenti sospesi nel tempo, livelli affiancati con una cadenza tanto perfetta da meravigliare anche ad una seconda visione. Ottima prova per il cast, ben assortito, evidentemente motivato e determinato a dare il meglio in ogni sequenza, con il timone saldamente nelle mani di un Di Caprio sempre più convincente e maturo. Eccezionali ed eleganti gli effetti speciali, non tanto per le mere qualità tecniche, quanto per la capacità di incastrarsi perfettamente al confine tra realtà ed illusione, senza mai perdere l’assoluta verosimiglianza. Quanto al finale “in sospeso” tanto discusso nelle recensioni estere e nostrane, a mio modesto parere si tratta di una semplice illusione: gli elementi per dare alla domanda una risposta soddisfacente sono tutti lì, basta volerli vedere. Ultima nota di merito per la colonna sonora, firmata Hans Zimmer: in tutta la sua maestosa non musicalità, riesce ad ispessire la cifra stilistica già altissima della produzione, sottolineando delicatamente alcuni momenti, portando al parossismo la tensione in altri. Inception è la dimostrazione che il puro intrattenimento non deve per forza prescindere dall’utilizzo dell’intelligenza, dell’indagine e dall’esercizio delle proprie capacità cognitive, portando ad un nuovo livello il concetto di cinema d’azione. Si spera che gli incassi, peraltro incoraggianti, convincano le major a supportare i futuri progetti non solo del regista londinese, ma anche di tutti coloro che dimostreranno di saper fondare una narrativa solida sulle idee, “semplici” forse, ma originali.

In una parola, Inception delivera, e questa è per un amico.

1 commento:

  1. L'ho visto venerdì sera, sposo il tuo post in toto, soprattutto in merito alle considerazioni sul finale, sugli indizi a disposizione del fruitore e sulle innumerevoli domande aperte che inducono al ragionamento.

    Mi sembra una grande prova di maturità per Nolan, regista giovane ma con le idee piuttosto chiare sulla direzione che deve intraprendere un certo tipo di cinema in ottica futura. Effetti speciali a go go supportati però da sceneggiature ben congegnate, cariche non solo di ritmo ma anche di sostanza. I fratelli Wakhowski furono portatori di questa filosofia con Matrix 11 anni or sono, perdendosi poi per strada con i deliri di Reloaded e Revolution, abbastanza superflui nell'economia del messaggio che voleva essere trasmesso al pubblico (trovate commerciali più che altro).

    Di Caprio dimostra ancora una volta di essere uno dei più abili interpreti della sua generazione, se non il migliore. Le sue performance non sono mai banali, si avvertono il carisma, la personalità, la gestualità, e questo a prescindere dalle caratteristiche del soggetto che mette in scena. Dagli esordi ha avuto un progresso costante, gli manca solamente la consacrazione definitiva dell'Oscar ;)

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