C'è una sequenza, ne Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno, che potremmo ridefinire come "Nolan supera Nolan". E non succede tutti i giorni. E' una sequenza d'azione che coinvolge due soli personaggi, senza montaggio troppo frenetico, né inquadrature sghembe. Non c'è nemmeno musica. Tutto è in luce, se ne gode ogni istante, ogni movimento. Ogni suono stridente.
Forse una risposta a chi, e non del tutto a torto, gli aveva detto che nei suoi Batman non c'era neanche una sequenza concitata dove si capisse cosa stava succedendo. Era tutto un turbinare di mantello e cazzotti, e poi bam, Batman era in piedi a tutti gli altri a terra. Non questa volta. Mi piace cominciare così il mio flusso di coscienza sull'ultimo della trilogia dedicata al Pipistrello, tanto per parlare di qualcosa di diverso, di strettamente legato al film in sé.
Film che, meglio dirlo subito, a me è piaciuto un bel po', seppure con le riserve del caso. Meglio anche anticipare che, soprattutto nelle visioni successive sul Blu Ray di casa, mi sono scoperto molto meno fan del Il Cavaliere Oscuro di quanto avessi inizialmente pensato. Interpretazione straordinaria di Ledger a parte, con il tempo ho subito sempre di più l'effetto "gangster movie con un tizio che, senza apparente ragione, se ne va in giro vestito da pipistrello". Se a questo si affianca la misera parte dedicata a Due Facce (poco più di mezz'ora di arco narrativo per uno dei villain più affascinanti della DC), credo sia più facile comprendermi quando dico che, per quel che mi riguarda, il secondo della trilogia di Nolan è un bel film, ma non un bel film di Batman.
E proprio qui Il Ritorno mi ha strappato dei gran sorrisoni. Perché c'é finalmente quel Batman per il quale i primi due film hanno preparato il terreno, dilaniato, agorafobico, ossessionato dalla redenzione e dalla sua personalissima vendetta contro il crimine.
A parte questo, Nolan si lascia andare a tutta la sua spaventosa ambizione, al suo gigantesco ego registico e di narratore, con risultati alterni. Da una parte c'è una potenza visiva unica nel suo genere, accompagnata da un audio altrettanto trionfale (Hans Zimmer qui si supera letteralmente, continuando sul lavoro ritmico cominciato con Inception e portandolo alle massime conseguenze), dall'altra una sceneggiatura inizialmente piuttosto confusa, che a tratti schiaccia come una matta sull'acceleratore e poi inchioda, va a passo d'uomo per un po'. Nonostante la durata già non indifferente (due ore e quaranta), Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno dura troppo poco, non tanto come spettacolo in sé, ma in relazione a quello che, evidentemente, Nolan avrebbe voluto raccontare. Purtroppo la maniacale attenzione ai dettagli che caratterizza il regista si sofferma, per evidenti esigenze commerciali, solo su alcuni aspetti, trascurandone altri. Abbiamo così guarigioni pseudo-istantanee, scelte difficili prese in pochi istanti, viaggi che durano secondi e un'altra lunghissima serie di trascuratezze, che per quanto mi riguarda si spiegano ampiamente con quanto già detto sopra (a parte due o tre cosette del finale, di cui parliamo sotto la scritta Spoiler, roba che non dovete leggere se ancora non avete visto il film).
Non è una buona scusa, soprattutto per il capitolo conclusivo di una trilogia di tale portata, ma capisco l'ambizione che c'è dietro, e onestamente è un prezzo che pago volentieri per godermi un film di questa qualità.
La verità è che Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno fa molto meno fan service del predecessore. Nonostante un paio di strizzate d'occhio con certi personaggi e sul gran finale, è un film molto più autoriale dei due predecessori, al punto da impegnarsi non poco sul fronte ideologico/politico. Se Gotham City d'improvviso ha preso le fattezze di New York, un motivo c'è (anche se, a me, questa scelta ha urtato un po', pur comprendendone le motivazioni).
In questo contesto, mi è piaciuto moltissimo il lavoro fatto su Bane. Il modo in cui la sua figura cambia agli occhi dello spettatore durante lo svolgimento è apprezzabile, e il lavoro di Hardy dietro la maschera mi ha convinto in pieno. E' cattivo. Grosso. Spietato. Per nulla stupido. Per me, è il villain perfetto per questo film, dati i toni del contesto.
Concludendo, il film a me è piaciuto, molto. C'è il puro spettacolo, c'è un cast che fa il suo lavoro, ci sono i nuovi personaggi che scuotono un po' la scena, e soprattutto, finalmente, c'è Batman come volevo vederlo sin dall'inizio.
E' tutt'altro che perfetto, ha i suoi giganteschi buchi di sceneggiatura (Inception, a confronto, è un ingranaggio perfettamente oliato), le sue incongruenze (sia intestine, sia con i due predecessori) e i suoi non detti. Per l'ultimo capitolo di una trilogia così importante, si poteva sicuramente fare di meglio, limare il superfluo e spiegare meglio il necessario.
Ma se ci si guarda indietro, se si riconsidera tutto, da Begins in avanti, non si può non rendersi conto di come il Batman di Nolan abbia avuto un impatto fortissimo sull'immaginario collettivo legato ai film supereroistici, e agli action ad alto budget in generale, dimostrando come un taglio autoriale può trovare ampi spazi anche presso il grande pubblico.
Buona fortuna a chi dovrà riavviare la serie. L'unico modo di farlo, a mio parere, è puntare tutto sul fumetto. Farne ciò che questi film non sono (o meglio, quest'ultimo un po' di più, ma comunque solo a tratti), ossia film di supereroi. Farne qualcosa che, a me, molto probabilmente non piacerà.
SPOILER
L'avete vista la scritta qua sopra giusto? Significa che stiamo per parlare di roba che succede nel film, e anche di come finisce, quindi se non l'avete ancora visto correte a farlo prima di continuare con la lettura.
Per prima cosa parliamo del paradosso di non-Catwoman. Ovvero dell'umorismo tipicamente inglese di mr. Nolan, che non la chiama col suo nome d'arte nemmeno una volta in due ore e mezza. Certo, il suo nome di battesimo è quello giusto, i dettagli del personaggio più o meno ci sono....
Però poi c'è il fatto della maschera, del quale mi sono accorto solo a fine film. Per quasi due ore sono stato convinto che si trattasse di una maschera realizzata per ricordare la silhouette di un gatto, poi però, con le lenti abbassate, si scopre che si tratta semplicemente di un paio di occhiali per la visione notturna. E' un caso, o lei stessa li ha fatti disegnare così? Del resto, come abbiamo già detto, nessuno la chiama mai Catwoman. Bravò, bravò, Christopher. Meta-umorismo, di quelli che danno un senso alle cose, persino ad un personaggio che, altrimenti, ne avrebbe avuto poco. Quanto alla Hathaway, non era senza dubbio tra le attrici più indicate per il personaggio, ma fa simpaticamente del suo meglio, con risultati nel complesso non male.
Passiamo a Robin. Si capisce un po' troppo presto, ma è comunque una bell'idea. Se si considera che Nolan è stato sostanzialmente obbligato a lasciare aperte le porte per un ipotetico futuro di questo filone, il compromesso è indolore, e gli ha permesso di mettere scena un bel personaggio. A me Joseph Gordon-Levitt piace davvero un sacco, e sarà interessante vedere se questa apertura ad uno spin-off dark dedicato al ragazzo meraviglia potrà mai prendere forma.
Finale atomico. E qui ci sta un discreto bah. Perché dal regista che due film fa mi aveva messo lì un quarto d'ora di dialogo per spiegarmi che Bruce Wayne ordinava i pezzi del cappuccio da due società diverse per non destare sospetti, la bomba nucleare che esplode a dieci, massimo dodici chilometri dalla città e non succede NIENTE, ma neanche un'ondina del mare, proprio non me l'aspettavo. Non è che urlo e sbatto i pugni contro il muro, intendiamoci, però la cosa si poteva gestire molto meglio. Ma non è l'unica nota stridente del finale. Perché la pugnalata di Talia, che fine ha fatto? Altro relativo bah.
Sul discorso invece delle guarigioni (due, per la precisione) di Bruce in cinque minuti (prima il ginocchio, e va bé, poi la schiena, e va meh), lì non sto troppo a questionare. E' un film, è Batman, e a me non hanno dato poi così fastidio.
Su Robin il cui nome di battesimo è Robin, un brivido mi è venuto, ma credo che si tratti semplicemente della paura che a far dire alla tizia "Dick Grayson" qualcuno si sarebbe perso il colpo di scena. Niente per cui fasciarsi la testa, dopotutto.
Passiamo a Robin. Si capisce un po' troppo presto, ma è comunque una bell'idea. Se si considera che Nolan è stato sostanzialmente obbligato a lasciare aperte le porte per un ipotetico futuro di questo filone, il compromesso è indolore, e gli ha permesso di mettere scena un bel personaggio. A me Joseph Gordon-Levitt piace davvero un sacco, e sarà interessante vedere se questa apertura ad uno spin-off dark dedicato al ragazzo meraviglia potrà mai prendere forma.
Finale atomico. E qui ci sta un discreto bah. Perché dal regista che due film fa mi aveva messo lì un quarto d'ora di dialogo per spiegarmi che Bruce Wayne ordinava i pezzi del cappuccio da due società diverse per non destare sospetti, la bomba nucleare che esplode a dieci, massimo dodici chilometri dalla città e non succede NIENTE, ma neanche un'ondina del mare, proprio non me l'aspettavo. Non è che urlo e sbatto i pugni contro il muro, intendiamoci, però la cosa si poteva gestire molto meglio. Ma non è l'unica nota stridente del finale. Perché la pugnalata di Talia, che fine ha fatto? Altro relativo bah.
Sul discorso invece delle guarigioni (due, per la precisione) di Bruce in cinque minuti (prima il ginocchio, e va bé, poi la schiena, e va meh), lì non sto troppo a questionare. E' un film, è Batman, e a me non hanno dato poi così fastidio.
Su Robin il cui nome di battesimo è Robin, un brivido mi è venuto, ma credo che si tratti semplicemente della paura che a far dire alla tizia "Dick Grayson" qualcuno si sarebbe perso il colpo di scena. Niente per cui fasciarsi la testa, dopotutto.
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